, Lo schema sembra così disegnare un mondo chiuso e dove i rischi sono poco probabili, un sistema privo di incrinature e all'interno del quale la libertà di movimento si preannuncia come inesistente. In questo caso sarebbe più giusto parlare non tanto di opera quanto di spettacolo, nel senso proposto precedentemente, poiché a queste condizioni come potrebbe un'opera artistica sorgere, tirarsi fuori da un ambiente che la predetermina? Secondo questo schema, la pièce (coreografica o teatrale) si conforma essa stessa al contesto che lo circonda». 20 Nella sua tesi di dottorato dedicata alle relazioni tra spazialità dell'opera coreografica e costituzione del pubblico, Julie Perrin dimostra come si possa pensare la

, Ciò non significa che l'opera e il suo pubblico sfuggano a qualsiasi norma e rapporto di potere, ma che essa non si costituisca unicamente a partire da queste norme. Si tratta, in altre parole, di pensare l'opera come una possibile eterotopia, uno spazio in cui possa essere messa in gioco una "disidentificazione

. Da-un-lato, identitarie che non tengono se non a condizione di pensare l'opera a priori come un prodotto di queste norme identitarie. Dall'altro, un'opera che sarebbe il luogo possibile di una fuga da questo mondo normativo. Tuttavia, l'emergere di un'opera coreografica non può essere né totalmente predeterminato dal contesto, né sfuggirgli del tutto. Questo groviglio della predeterminazione contestuale e della natura eterotopica dell'opera non pone problemi dal punto di vista delle opere stesse

, Come rammentano Burt e Franko, i culturalisti hanno rimproverato a giusto titolo alla fenomenologia di universalizzare l'esperienza e di trascurare le differenze culturali. Viceversa, si potrebbe criticare una corrente teorica che trascuri, nel campo della danza, ciò che fa precisamente la singolarità dell'oggetto, ossia l'esperienza del gesto del danzatore e quella di chi guarda, compreso il caso in cui si tratta di un critico. L'analisi delle opere è un campo di studio privilegiato per affrontare in modo diverso questo silenzio teorico. È possibile pensare l'esperienza in termini culturali? Esiste un codice del sentire e come può essere analizzato? Una prima via è stata indicata dalla teoria dei chiasmi sensoriali di Merleau-Ponty e dal prolungamento datole da Michel Bernard con il quarto chiasmo detto para-sensoriale, che fa di ogni sentire al tempo stesso un'esperienza e un'enunciazione, Conclusione La questione dell'identità, esaminata qui in rapporto al contesto contemporaneo e dal punto di vista dell'analisi delle opere, cristallizza una difficolta teorica che attraversa tutti gli studi in danza: lo statuto del gesto

. Questa, da presenza a presenza" proprio di ogni rappresentazione di danza contemporanea, costituisce il tema esplicito di numerose pièce a partire dalla metà degli anni Novanta, p.22

. Cfr and . Perrin, De l'espace corporel à l'espace public, cit, p.63

A. Per, L. Corbin, and . Miasme, L'odorat et l'imaginaire social.18 ème et 19 ème siècles, Histoire des larmes. 18 ème -19ème siècles, Rivages, 1986.

, Per un'analisi di questa question cfr. F. Pouillaude, Scène et contemporanéité, in «Rue Descartes, vol.44, pp.8-20, 2004.

. L'identita, , 2005.

E. Tuttavia, Tenere conto di questa dimensione di "presenza", vale a dire necessariamente relazionale, instabile, contestuale, in altre parole tenere conto anche di ciò che si è soliti chiamare interpretazione (la riscrittura nell'istante della pièce) da parte dei danzatori e di chi guarda, vieta di trattare le opere coreografiche come degli oggetti, degli strumenti, addirittura come delle illustrazioni di una teoria identitaria o altro. Tenere conto della dimensione della presenza negli studi in danza (e non di un "eterno presente" come sospetta Franko, ma di un presente "cumulativo", cioè carico anche della storia) è probabilmente il nodo attorno a cui si possono articolare predeterminazione ed eterotopia dell'opera; in cui la geografia identitaria non vieta la fluidità storica o temporale. La finalità di un tale progetto è certamente di ordine estetico (comprendere il funzionamento dell'opera nel suo rapporto con il pubblico), ma anche politico, nelle molteplici accezioni di questo termine applicato alla danza. Politica perché impone «uno sconvolgimento di categorie usuali del pensiero» 23 e delle organizzazioni percettive; e ancora, politica perché inventa, come ha dimostrato Julie Perrin, per ciascuna opera un modo singolare di essere insieme. Ma politica anche perché cessa di ignorare il danzatore interprete nel suo statuto di soggetto; poiché riportare l'opera a un senso stabile, trascendendo le differenti occorrenze delle sue rappresentazioni e le variazioni di percezione di chi guarda, sebbene sia divenuta una tematica nelle pièce recenti, ciò nondimeno è al centro di ogni rappresentazione coreografica che sia "moderna e storica

. Cfr and . Perrin, De l'espace corporel à l'espace public, cit, p.63

G. Isabelle,

. A. Musidanse-(e, , 1572.

. Équipe-«-danse,

, Per citare questo articolo: Isabelle Ginot, « L'identità, il contemporaneo e i danzatori », I discorsi della danza, a cura di Suzanne Franco e Marina Nordera, pp.301-321, 2005.

, Tratto da una versione digitale pubblicata sul sito web Paris 8 Danse nel, 2019.